Per garantire la futura sostenibilità dei manufatti in materie plastiche servono, oggi, scelte sempre più responsabili, sia da parte dei produttori, che dei consumatori, affinché aziende come Breplast possano riciclare in maniera efficiente, garantendo poi un’elevata qualità del prodotto finito.
Modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile». Questa la definizione di economia circolare data dal Parlamento Europeo, che ben delinea la strada verso cui dovrà tendere il nostro sistema produttivo, al fine di assicurare una seconda vita ai prodotti in materie plastiche che, diversamente, concorrerebbero al preoccupante crescere dell’inquinamento ambientale. Un modello a cui s’ispira da sempre Breplast, presente sul mercato dal 1984 ed attiva nel settore del riciclo dei polimeri, avendo iniziato ad occuparsi della valorizzazione delle plastiche poliolefiniche miste e PET a partire dagli anni ’90, con la nascita del Corepla, il Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica. Ma è dal 2013 che l’azienda compie un importante passo in avanti, grazie all’ingresso del gruppo Montello S.p.A., indirizzando gli investimenti tecnologici verso il riciclo delle plastiche in HDPE destinate al blow-molding, che richiedono un’altissima qualità del prodotto, molto vicina a quella del materiale vergine. Oggi, all’interno dello stabilimento di Stradella (PV), un team di persone dalle elevate competenze, si avvale d’innovative tecnologie per la separazione dei colori ed
il recupero/riutilizzo delle diverse frazioni di cui è composto il rifiuto, nonché di un refreshing system, capace di rimuovere gli odori e i composti volatili, per ottenere un granulo che va ben oltre gli standard di qualità del mercato, rispondendo alle esigenze sempre più stringenti delle normative europee.
«I brand owners acquistano da noi il compound riciclato, ottenuto durante le operazioni di recupero da raccolta differenziata, che poi diventerà nuovamente il medesimo prodotto, ma con una percentuale di rigenerato al suo interno che sarà tipicamente dal 30 all’80 percento del totale, in base a differenti logiche e strategie aziendali del singolo produttore – ha affermato Fabio Lavazza, Direttore Tecnico di Breplast – Questo anche perché le leggi impongono sempre più, sia a livello italiano che europeo, l’utilizzo del prodotto riciclato all’interno dell’imballaggio, dando così una mano a tutto il circuito, in modo da
stimolare ed incentivare la riduzione dell’immissione di nuova plastica sul mercato, ricorrendo parzialmente a quella già presente, al fine di ridurre l’impatto sull’ecosistema».
Una seconda vita ai polimeri
Serve dunque assicurare ai polimeri una seconda vita, che ha inizio dall’acquisto delle balle di HDPE da parte del Consorzio Corepla, operante nell’ambito del Sistema Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi, ndr), e qui si apre una grande questione riguardante il rifiuto che poi verrà trattato in Breplast. Serve infatti molta attenzione, sia da parte dei produttori di contenitori in plastica, che dei cittadini,
affinché le operazioni di recupero e rigenerazione possano essere condotte in maniera efficiente e con il minor quantitativo di scarti non più riutilizzabili. «Per quanto riguarda i primi soggetti, sarebbe molto importante che tutti i produttori di imballaggi e manufatti in HDPE, PP e PET mettessero in atto una produzione realmente ecosostenibile, e non solo a fini commerciali o di marketing come spesso avviene, progettando il prodotto in modo che sia facilmente riciclabile. Questo, per esempio, facendo ricorso a plastiche della stessa tipologia o polimero, così come riducendo al massimo l’uso di multistrato
sovrapposti, che non sono più separabili (se non sono compatibili nei layer), cercando un giusto compromesso tra design e riciclabilità – ha proseguito – Tutti i brand owners, in sostanza, dovrebbero cominciare a ragionare sul processo di realizzazione dei loro imballaggi, flaconi e manufatti in generale, guardando più all’aspetto legato all’economia circolare, che all’appeal di vendita. In merito ai consumatori, invece, spesso non vengono fornite informazioni chiare e dettagliate, da parte degli enti preposti, riguardo a come fare la raccolta differenziata in casa».
Il processo di lavorazione
E qui intervengono i Centri di selezione, che si occupano di separare gli imballaggi riciclabili da quelli non riciclabili, questi ultimi poi destinati al compostabile per il recupero energetico. Addentrandoci più nel dettaglio delle operazioni messe in atto da Breplast, all’arrivo dell’HDPE nello stabilimento in forma di balle, inizia una fase di macinatura e lavaggio, che rappresenta un primo stadio di lavorazione volto a mitigare gli errori commessi nella fase di selezione. Il materiale viene quindi asciugato e defogliato
meccanicamente, per depurarlo da tutte le etichette composte da plastiche miste non più utilizzabili. A questo punto il prodotto prosegue la sua fase di recupero arrivando ad altre macchine ottiche che separano la scaglia per colore e, qui, si apre una seconda questione legata all’aspetto cromatico. La prevalente richiesta, da parte dei produttori, di colorazioni neutre sta scompensando il mercato del riciclo, che invece si trova a processare necessariamente anche altri colori. Su questo punto, nuovamente,
sarebbe auspicabile negli anni a venire un cambio di mentalità da parte dei brand owners e dei consumatori finali in merito all’accettazione di colori differenti per il packaging dei prodotti, così da sfruttare in maniera ancor più efficiente tutta la frazione di polimero riciclabile.
«L’ultima fase del nostro processo vede una filtrazione molto sottile, dell’ordine di 60-80 micron, per eliminare eventuali micro-impurità metalliche, di legno o di qualunque altro tipo d’inquinante rimasto attaccato al flake plastico, per arrivare poi all’estrusione del rigenerato, che darà vita al compound – ha aggiunto – Compound da usare poi nella creazione del packaging, attraverso la tecnologia del blow-molding, passando anche per un processo di deodorazione, finalizzato all’estirpazione dei composti
organici volatili, così da evitare che un flacone, magari destinato ad un prodotto contenente un determinato profumo, possa a sua volta avere un odore che modificherebbe il risultato finale». Il prodotto rigenerato torna, infine, agli stessi brand owners che ne faranno il medesimo utilizzo, in questo caso seguendo proprio alla lettera il concetto di economia circolare..